Estate Ragazzi 2010

Capita spesso di incontrare, nel nostro cammino di crescita, maestri “strani” o curiosi ma efficaci nel loro insegnamento. In più di una circostanza quello che importa è il cosa è insegnato piuttosto che il come: ecco perché anche un maestro poco convenzionale può essere valido ed utile! Robin Hood rientra senza dubbio nell’elenco dei maestri fuori dal normale e forse, in quell’elenco, è tra i primi posti per il suo stile di vita (almeno stando alla sua fama) poco ortodosso.
Eppure osiamo chiamarlo maestro per il semplice fatto che nelle sue gesta, certo non tutte condivisibili, egli diventa non il contenuto ma il contenitore di un insegnamento significativo sul bene comune, sulla giustizia, sull’amicizia, su ciò che diventa importante nella nostra vita. O, per dirla in altri termini, Robin è il mezzo non il fine, è la scusa per parlare del Bene e non l’esempio a cui rifarsi.
A questo si aggiunga il fatto che la tradizione su Robin (antica e contrastata) prende forma nelle mani di chi la racconta: per alcuni è un ladro, per altri un ribelle, per qualcuno un eroe. Dovendo scegliere cosa raccontare, a noi piace suggerire la tradizione in cui egli non ruba ai ricchi (in nessun testo tra l’altro appare in questo modo) ma insegue lo sceriffo del re per strappargli le monete che egli ha estorto con la violenza e l’arrogante interesse personale alle famiglie più povere a cui egli le vuole restituire.
Ma come detto, questo rimarrà sullo sfondo, quasi come una scenografia mobile, per raccontare il valore dell’amicizia e della condivisione, del bene comune che è fatto anche dalla comunione da ricercare tra chi può e chi deve, tra chi ha e chi non possiede nulla.
Eppure osiamo chiamarlo maestro per il semplice fatto che nelle sue gesta, certo non tutte condivisibili, egli diventa non il contenuto ma il contenitore di un insegnamento significativo sul bene comune, sulla giustizia, sull’amicizia, su ciò che diventa importante nella nostra vita. O, per dirla in altri termini, Robin è il mezzo non il fine, è la scusa per parlare del Bene e non l’esempio a cui rifarsi.
A questo si aggiunga il fatto che la tradizione su Robin (antica e contrastata) prende forma nelle mani di chi la racconta: per alcuni è un ladro, per altri un ribelle, per qualcuno un eroe. Dovendo scegliere cosa raccontare, a noi piace suggerire la tradizione in cui egli non ruba ai ricchi (in nessun testo tra l’altro appare in questo modo) ma insegue lo sceriffo del re per strappargli le monete che egli ha estorto con la violenza e l’arrogante interesse personale alle famiglie più povere a cui egli le vuole restituire.
Ma come detto, questo rimarrà sullo sfondo, quasi come una scenografia mobile, per raccontare il valore dell’amicizia e della condivisione, del bene comune che è fatto anche dalla comunione da ricercare tra chi può e chi deve, tra chi ha e chi non possiede nulla.